Il fumetto trae spunto
dalla storia di un soldato dell'esercito iraniano che si arena su un'isola
deserta. Da qui, il racconto del suo Paese che s'intreccia con la sua vita
personale, quella di un bambino alle prese con i fallimenti scolastici, che
diventa un militare nazionalista, poi guardiano della prigione nei pressi di
Khavaran* e le vicissitudini di Mohsen Makhmakbaf**, cineasta iraniano. Si
parla di cinema, di libertà d'espressione come di diritti umani e del massacro
dei prigionieri politici del 1988 che viene celebrato ogni anni a Khavaran. In
un’estate di 26 anni fa, infatti, tra 4500 e 5000 uomini, donne e bambini vennero
assassinati in varie prigioni dell’Iran. Alla fine di agosto del 1988, senza
preavviso, la direzione delle carceri sospese tutte le visite familiari.
Le televisioni e le radio
vennero rimosse dai corridoi, la distribuzione dei quotidiani fu annullata e ai
prigionieri fu vietato di svolgere esercizi fisici o di recarsi in infermeria.
Migliaia di prigionieri politici vennero presi dalle celle, uno per uno, e
portati nelle sale degli interrogatori. Non sapevano che erano di fronte a un
processo sommario. Speravano che da un momento all’altro gli sarebbe stato
comunicato un perdono o un’amnistia, dato che nella maggior
parte dei casi avevano quasi completato la condanna. Il “massacro delle
prigioni” fu premeditato e organizzato. Non si saprà mai il numero
esatto delle persone messe a morte in quei mesi. Non c’è stata mai alcuna
indagine. Molti familiari non sanno neanche dove sono sepolti i loro cari.Opera interessante, anche se i fatti avrebbero dovuto essere più approfonditi per essere meglio compresi ed il fumetto maggiormente apprezzato. Non male, comunque, per essere il primo fumetto del grafico iraniano Hamid-Reza Vassaf, rifugiato in Francia.
Per approfondire tematiche simili, vi rimando ad altri due importanti fumetti iraniani, "Una metamorfosi iraniana" di Mana Neyestani e "Zahra's Paradise" di Amir & Khalil:
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