mercoledì 18 dicembre 2013

Un breviario da due soldi per avere la certezza di essere a Beyrouth

A Beyrouth puoi parlare francese e inglese indistintamente. In ogni caso, la crème de la crème degli autoctoni parla francese, nemmeno a sottolinearlo. L'arabo sembra quasi superfluo ma se lo sai, come sempre ti diverti di più. Navigando un po' tra le sensazioni che puoi provare, se ti senti tranquillo e ti sembra di stare in un Paese "civile e normale", vuol dire che ti trovi in un quartiere cristiano. Se invece percepisci attorno a te un ambiente un po' più ostile, circondato da bandiere verdi e nere dalla strana calligrafia e da facce alle quali non sei proprio abituato, allora vuol dire che sei in un quartiere musulmano. Se poi senti una raffica di spari in aria, sei dalle parti del quartiere di Hezbollah, partito politico sciita del Libano, dove un funerale o un matrimonio si celebrano più o meno così.
Se invece sei in un locale in cui suonano musica dal vivo e i tuoi vicini cominciano improvvisamente ad abbandonarsi a calorose effusioni, sentiti rassicurato dal fatto di stare nel pieno centro della Parigi araba. Se poi ti ritrovi improvvisamente circondato da un numero imprecisato di grattacieli della più spinta architettura moderna, di macchine di lusso che non hai mai visto in vita tua e di altrettante donne sottoposte ad una delle più volgari ed esplicite chirurgie estetiche, non sentirti a disagio, tutto rientra nella norma. E se incroci per strada dei neri spiccatamente africani e delle donne del sud est asiatico, stai sicuro che i primi, sempre con la loro tuta blu da lavoro, sono gli addetti alle pulizie di ogni tipo di locale e le seconde, le fedeli babysitter che, come cagnoline, accompagnano mamma e bambino libanese a spasso, come se le donne fossero troppo prese dallo shopping matto e disperato per poter badare ai loro pargoli. E se passeggiando rischi una crisi polmonare a causa dell'aria inquinata da tubo di scarico e, da pedone, sopravvivi difficilmente all'incessante suono del clacson e alle macchine che non ti rispettano, sei in uno dei vari Paesi in cui il semaforo è considerato solo un accessorio della strada, niente di più.  
E se fai colazione dall'omino delle eccellenti manaqeesh, piatto popolare della cucina libanese, non rimanerci male se lui, pur siriano, ti sembra essere completamente disinteressato rispetto a quanto stanno vivendo i suoi conterranei, in fuga dalla guerra e rifugiati ormai in tutto in Libano, in particolare a nord e nella Bekaa, proprio al confine con la Siria. Ma se sei sopraffatto dalla bella sensazione di passare sempre e comunque inosservato, seppur straniero, goditela fino in fondo perché non ti capiterà in nessun altro Paese arabo nel quale andrai. Se, inoltre, tutto quello che fai e che vedi lo paghi a caro prezzo, solo per il gusto di averlo anche solo guardato, appunto, questo vuol dire che stai vivendo a Beyrouth, una delle città più costose del Medioriente. Se poi ti perdi nella storia, se cominci a seguire i cartelli stradali che fin dal tuo arrivo ti segnalano Sabra e Chatila, ti ricordano il quasi perenne conflitto con Israele, la presenza in Libano dell'UNIFIL, la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite, dei campi profughi palestinesi, delle crescenti tensioni con i rifugiati siriani, della complessa convivenza di cristiani, musulmani e druzi, allora avrai la certezza di stare in Libano, uno dei più instabili ma affascinanti Paesi dell'area.

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