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- In viaggio - |
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- Io c'ero - |
L'idea del rientro al villaggio è messa in conto. Valigia alla mano e zaino in spalla su un autobus normale, puzzolente e un po' scomodo, in compagnia di tanti omini altrettanto normali. Il viaggio è lungo, i finestrini non scendono e la temperatura sale. Ad ogni stazione, un omone-ciccione attira l'attenzione dei viandanti al grido "BniMlalMrrakech, BniMlalMrrakech".
Ecco il villaggio della mamma del re, fin qui tutto bene, penso. Ma all’improvviso uno schiaffo mi sveglia e in un batter d’occhio, salto indietro nel tempo. Mi mancano l’aria, il respiro, lo spazio. E non c’entrano il caldo, il maglione o la sete. Sono quei volti dimessi, quelle rughe marcate, quegli sguardi sfumati di grigio, quei vestiti consunti, quella umana miseria, quelle esistenze sospese. Le stesse di allora. Il paesaggio è stupendo, sono gli omini che stonano. E allora ci penso un po’. Un villaggio dopo l’altro. E capisco che non ha senso fermarsi, la ferita potrebbe riaprirsi. E non voglio ancora tristezza, ho sete di colore, di sorrisi, di calore, di una stessa distanza. E come per magia, Mrrakech all’orizzonte.
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